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i martedì critici – gilberto zorio

GILBERTO ZORIO

22 maggio 2012, ore 19.00

Auditorium di Mecenate, Roma

a cura di Alberto Dambruoso e Marco Tonelli

con la collaborazione di Sara De Chiara

 

Ospite dell’ottavo appuntamento de I Martedì Critici è Gilberto Zorio.

Esponente di spicco del movimento dell’Arte Povera, Zorio ha, già dalla fine degli anni Sessanta, dato vita nelle sue opere a processi creativi che  lo hanno elevato ben al di sopra dell’ideologia poverista, tanto da essere attualmente considerato uno degli scultori italiani più originali e apprezzati in ambito internazionale.

Zorio è uno scultore di processi invisibili, energetici, chimici se non addirittura alchemici, di cui le sue opere sono veicoli e metafore concrete. Spesso infatti nelle sue strutture compaiono archi voltaici e avvengono incandescenze reali, che sprigionano luce e provocano combustioni, quasi che la sua opera fosse fonte di un’inarrestabile radioattività.

Zolfo, cobalto, stagno, minerali, fuoco, fosforo sono solo alcuni di questi elementi naturali che esprimono un senso animistico della materia e della trasformazione, che in Zorio diventa un vero e proprio impulso di liberazione di energie personali. Le sue tipiche stelle a cinque punte formate da giavellotti o fatte di terracotta (e ritenute dall’artista degli autoritratti) o le sue canoe (dei veri e propri lavori aerei) sospese drammaticamente dai soffitti o dalle pareti o conficcate in equilibri precari sul pavimento, rappresentano il desiderio, l’ossessione di Zorio per il viaggio nello spazio, di cui sono metafore moderne e primordiali, mitologiche, primitive allo stesso tempo.

Arte di opposte polarità quella di Zorio, di ansie tutte umane, di un flusso creativo ininterrotto, di animalità sopite ma sempre e continuamente richiamate, e rimesse in gioco nel tempo e nello spazio della nostra esperienza. Esperienza dell’oggi che grazie alla sua opera diventa un’immagine fantastica e archetipica, un sogno contemporaneo di un altro tempo e di un altro spazio, forse anche di un altro Uomo.

Grazie a:
INCONTRI INTERNAZIONALI D’ARTE e CORTOARTECIRCUITO
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I Martedì Critici – Giorgio Griffa

GIORGIO GRIFFA

26 aprile 2016, ore 18.00

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Piazzale della Farnesina, 1

a cura di Alberto Dambruoso e Helga Marsala

Martedì 26 aprile avrà luogo il quarto appuntamento della stagione primaverile de «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti al settimo anno di attività.

La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno a Roma, in diverse sedi, alternandosi tra il Museo MACRO di via Nizza, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – La Farnesina e il Tempietto del Bramante sul Gianicolo, sede dell’Accademia di Spagna.

Ad affiancare Alberto Dambruoso nella conduzione delle interviste, si avvicenderanno interlocutori di volta in volta diversi: Lorenzo Canova, Claudio Crescentini, Sara De Chiara, Marco Di Capua, Guglielmo Gigliotti, Helga Marsala.

Ospite del quarto appuntamento, martedì 26 aprile, sarà Giorgio Griffa (Torino, 1936). L’incontro è realizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

L’esordio nel mondo della pittura per Giorgio Griffa avviene prestissimo, quando, ancora bambino, viene iscritto dai genitori alla scuola di pittura. Le sue prime opere, a partire dalla prima cartolina copiata e dalle prime colline d’estate e d’inverno dipinte, si inseriscono nel filone della pittura figurativa, che l’artista seguirà per alcuni anni. È nell’età dell’adolescenza, guardando dal vero un quadro di Mondrian, che Griffa avverte per la prima volta la necessità di intraprendere una ricerca pittorica differente, ma bisognerà attendere molti anni prima che si manifesti concretamente la rottura provocata da quella vista e prima che si concretizzi l’origine di una nuova fase artistica e di un nuovo modus operandi.

È grazie a Filippo Scroppo, artista astratto che tiene un corso di pittura nel proprio atelier, che Griffa trova il mezzo per evolversi o, in un certo senso, per ricominciare da zero. Contribuisce alla sua nuova formazione l’incontro con Aldo Mondino che, nei primi anni ’60, gli fa conoscere alcuni dei più importanti artisti attivi in quegli anni a Torino, tra cui Giulio Paolini, all’epoca alle prese con i suoi primi lavori, già concentrato sull’esplorazione degli elementi costitutivi del quadro, sulla loro scissione, sullo spazio della rappresentazione e sul fenomeno della sua rivelazione.

Alla metà degli anni ‘60, il processo di semplificazione dell’opera, che caratterizzerà da allora i lavori dell’artista, è già avviato. La presenza figurativa, staccata dalla pittura ma sovrapposta ad essa, diventa una presenza ingombrante, le immagini si trasformano per Griffa in elementi di intralcio alla libera espressione dei segni, qualcosa di cui liberarsi. È in prossimità della sua prima esposizione che l’artista capisce che è la materia, intelligente e non bruta, a dover parlare, tramite la mano e il pensiero dell’artista, che passa dall’azione del dominare all’azione dell’ascoltare. Così, colori, macchie, scarabocchi, pennellate, impronte diventano il racconto della secolare memoria dell’umanità, segni che raccolgono un’identità precisa e stratificata, a cui Griffa dà ripetutamente voce, nel costante impegno di non prevaricazione. Nel 1968 si tiene la sua prima mostra personale, presso la Galleria Martano: è un momento decisivo, in cui contemporaneamente Giorgio Griffa nasce come pittore e porta a compimento una fase decisiva e fondante della sua ricerca artistica. Con la serie Segni Primari e con grandi tele, intitolate Quasi dipinto, l’artista inizia a esprimere il concetto del “non finito”, di un tempo sospeso, di un processo vicino al completamento ma mai concluso, strumento attraverso cui consentire all’opera di continuare a vivere e a variare. L’artista lavora con tele grezze, fatte di juta, canapa, cotone, lino, lisce e che lascino passare il colore. Principalmente senza telaio e cornice, l’opera viene lavorata sul pavimento, per consentirle di assorbire il colore molto liquido. Griffa si muove tra le tele, lavora a terra, cammina sui tessuti, asseconda la personalità dell’opera in ogni sua piega.

Il successivo approdo alla Galleria Sperone, alla fine degli anni ’60, ha ulteriormente contribuito ad arricchire la sua formazione, grazie al contatto con artisti e opere dell’Arte Povera, fortemente dediti alla ricerca e all’espressione della materia intelligente, dal primo contatto con i lavori di Robert Ryman, alla sintonia con le creazioni di Penone, Zorio, Anselmo, Calzolari, incontri che hanno lasciato tracce evidenti nella ricerca artistica di Giorgio Griffa.

Dopo la metà degli anni ’70, Griffa si apre a nuove suggestioni, con il ciclo Connessioni Contaminazioni rafforza e intensifica il suo legame con la memoria del passato, espressione di società e tradizioni differenti. Nel tentativo di evasione da un atteggiamento analitico e di immersione in una azione di ripensamento più vasta, le opere di questa fase non sono più caratterizzate, come le precedenti, dalla ripetizione dei medesimi segni, sempre uguali seppur diversi perché tracciati dalla mano dell’artista, ma dalla presenza di composizioni ritmiche, composte di linee orizzontali, verticali, sottili o spesse. La serie Frammenti, avviata alla fine degli anni ’70, raccoglie opere in cui sezioni di tele sono tagliate in piccoli frammenti irregolari, sui quali viene posata la pittura. Attraverso trasparenze e sovrapposizioni, sono proprio i frammenti a creare immagini e figure, in collaborazione con la pittura che contengono. Questa pluralità di segni, insieme alla riappropriazione della tradizione storica e pittorica, ha fatto nascere anche la serie Alter Ego (denominazione risalente al 2000), che contiene lavori realizzati pensando ad altri artisti e ad altre epoche, come Matisse, Anselmo, Tintoretto, Merz, Uccello, Klee, Klein.

Tra gli anni ’80 e ’90 Griffa si muove con un tratto più decorativo e libero, avendo ormai consolidato, in anni di lavoro e ricerca, le fondamenta della sua poetica. Introduce, da un lato, un nuovo rapporto tra segno e colore, con la serie Segno e Campo, dove uno o più tratti, segni cromatici, vengono immersi in uno sfondo senza confini e felicemente si sovrappongono ad esso, e, dall’altro, linee ondulate, arabeschi, semicerchi, fregi, in tinte molto delicate e raffinate. Con Tre Linee con Arabesco, ciclo in cui le opere presentano la ripetizione di questi semplici elementi, alla nuova gamma di forme espressive si aggiunge l’introduzione delle numerazioni, anticipatrici dell’omonima serie. Inizialmente inserite per indicare il progredire delle tele all’interno del ciclo pittorico, i numeri si trasformano ben presto nello strumento utile a segnalare la sequenza interna dei segni e dei colori in una singola tela, e a tracciare, quindi, il percorso attraverso cui si è realizzata l’opera (Numerazioni). A partire dalla ricerca di Mario Merz, che con la serie di Fibonacci ha intrecciato un nuovo rapporto tra arte e scienza, Giorgio Griffa scopre il modo di riallacciarsi a Euclide, legando le sue opere al numero e al rapporto aureo. Nella serie Sezione Aurea, avviata nel 2000, l’artista sceglie di esprimersi attraverso l’uso del numero irrazionale, infinito per sua natura, in quanto decimale, indica spazi infiniti e tempi sospesi, superamento della ragione e immersione nell’ignoto.

A partire dalla fine degli anni ‘60, pur non essendo inquadrabile in un determinato movimento e pur avendo spesso rifiutato etichettature, Giorgio Griffa è stato accostato al Minimalismo, all’Arte Povera e alla Pittura Analitica.

Tra le più recenti esposizioni personali ricordiamo: MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma (2011); Mies van der Rohe Haus, Berlin (2012); Fragments 1968 – 2012, Casey Kaplan Gallery, New York (2012-2013); Douglas Hyde Gallery, Dublin (2014); Galleria Lorcan O’Neill, Roma (2014); A Retrospective 1968 – 2014, Centre d’Art Contemporain Genève, Genève (2015); Painting in the Fold, Bergen Kunsthall, Bergen, Norway (2015); Giorgio Griffa: The 1970s, Casey Kaplan Gallery, New York (2016); Works on Paper, Fondazione Giuliani (2016); Fondation Vincent Van Gogh Arles, Arles, France (2016); Quasi Tutto, Serralves Museum, Porto, Portugal (2016).

Giorgio Griffa partecipa inoltre a numerose mostre di rilievo internazionale, come Processi di pensiero visualizzati al Kunstmuseum di Lucerna (1970), Contemporanea nel Parcheggio di Villa Borghese di Roma (1973), la Biennale di San Paolo (1977), Arte in Italia 1960/77 alla G.A.M. di Torino (1977), XXXVIII Biennale di Venezia (1978), XXXIX Biennale di Venezia (1980), Pittura italiana da collezioni italiane al Castello di Rivoli (1997), Arte Italiana, Ultimi quarant’annialla GAM Galleria d’Arte Modema di Bologna (1998), Pittura analitica al Museo della Permanente di Milano (2007), Temi & Variazioni – Dalla grafia all’azzeramento, Peggy Guggenheim Collection di Venezia (2009), Collezione del contemporaneo, Accademia San Luca di Roma (2010), Artists and Poets, curated by Ugo Rondione, Secession, Vienna (2013).

 

Info Pubblico:
Ingresso solo su prenotazione fino a esaurimento posti.
È possibile prenotarsi a partire dal 20 aprile sul sito web della Farnesina: www.esteri.it
Al termine dell’incontro, seguirà un vin d’honneur e una visita della Collezione di arte contemporanea alla Farnesina.
Per maggiori informazioni:
+39 06 36914145
dgsp8@esteri.it
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Piazzale della Farnesina, 1
ORGANIZZAZIONE
ASSOCIAZIONE CULTURALE I MARTEDÌ CRITICI
Tel. +39 339 7535051
info@imartedicritici.it
www.imartedicritici.com
Sponsor:
SpedArt
Media Sponsor:
Artribune
Art and Social Media
Foto di:
Gianfranco Basso
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I Martedì Critici – FRANCESCO NUCCI

FRANCESCO NUCCI

6 ottobre  2015, ore 18.30

LA QUADRIENNALE DI ROMA

a cura di Alberto Dambruoso e Marco Di Capua

 

Ospite del terzo appuntamento, organizzato in collaborazione con La Quadriennale di Roma, è Francesco  Nucci, fondatore e presidente della Fondazione VOLUME!.

Con l’esposizione Passages, in corso fino al 24 gennaio 2016 presso il Musée d’Art moderne et contemporain di Saint-Étienne Métropole, si celebrano i diciott’anni di attività della  Fondazione  VOLUME!.  I  lavori  sono  concepiti  ed  esposti  all’interno  di  volumi modulari,  piccole  “unità  abitative”  che,  oltre  a  scandire  il  percorso  della  mostra, ripercorrono la storia della Fondazione e ne rimarcano la vocazione sperimentale. Nata in un’ex vetreria in via San Francesco di Sales nella vecchia Trastevere, accanto al carcere Regina Coeli, la Fondazione si è contraddistinta per la massima libertà accordata di volta in volta a ciascun artista per reinterpretare lo spazio espositivo, anche in maniera radicale, trasformando l’ambiente stesso in opera. VOLUME! è stata fondata nel 1997 dal neurochirurgo Francesco Nucci con la finalità di dare vita a Roma, in un periodo di vuoto istituzionale, a un luogo dinamico, di  scambio e confronto diretto sull’arte contemporanea, un luogo che, agendo come un tessuto connettivo, potesse far incontrare arte e pubblico, e  far  dialogare  diversi  ambiti  del  sapere.  Oltre  che  l’esito  formale  dei  progetti,  la Fondazione è impegnata a promuovere il processo di produzione, documentato da video e da fotografie, fino ad arrivare al momento della fruizione, oggetto di un’indagine scientifica sull’aspetto percettivo e cognitivo. In continuità con l’esperienza di VOLUME!, nel 2010 nasce il Parco Nomade, nella Riserva Naturale Tenuta dei Massimi, un progetto che ripensa l’arte pubblica e insieme riqualifica il quartire periferico di Corviale. Le installazioni, realizzate dagli artisti in collaborazione con gli architetti, sono contenute all’interno di moduli, strutture flessibili e trasportabili, nomadi appunto, che sottolineano l’attitudine non- profit   della   fondazione   e   rispecchiano   l’indole   “immateriale”   e   mentale   di   Nucci collezionista che, come spesso ha affermato: “Meglio collezionare pensieri, stati d’animo, i mondi fantastici degli artisti e il loro modo di esprimersi. Di tutto ciò sono un grande collezionista”.

Tra i numerosi artisti che hanno finora partecipato all’attività della Fondazione VOLUME! ricordiamo: Alfredo Pirri, Jannis Kounellis, Johan Lorbeer, Claudie Gagnon, Nunzio, Kummer,  Gianni  Dessì,  Gianfranco  Baruchello,  Christian  Boltanski,  Gregorio  Botta, Jimmie Durham, Carlos Garaicoa, Myriam Laplante, Marina Paris, Felice Levini, Flavio Favelli, Vettor Pisani,  Giuseppe Gallo, Enzo Cucchi, Marco Gastini, Gilberto Zorio, Sissi, Italo Zuffi.

 

Organizzazione:
ASSOCIAZIONE CULTURALE I MARTEDI CRITICI
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Riprese video:
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Sebastiano Luciano
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I Martedì Critici – Emilio Mazzoli

EMILIO MAZZOLI

1° aprile 2014, ore 20.00

Chiostro del Bramante, Roma

A cura di Alberto Dambruoso e Guglielmo Gigliotti

con la collaborazione di Sara De Chiara, Maria Elisa Giorgi e Alessandra Gattuso

Ospite del primo appuntamento stagionale al Chiostro del Bramante è Emilio Mazzoli (Modena, 1942).

Dopo la breve esperienza della galleria Futura, inaugurata nel 1970 con una mostra personale di Giulio Turcato, Mazzoli fonda nel 1977 a Modena la galleria che porta il suo nome e avvia una intensa attività espositiva, organizzando mostre di Vincenzo Agnetti, Gilberto Zorio, Enrico Castellani e Giovanni Anselmo. Verso la fine dell’anno successivo, Mazzoli presenta l’esposizione Tre o quattro artisti secchi in cui sono mostrati i lavori di Sandro Chia e di Enzo Cucchi. Accompagnata da una omonima pubblicazione, la mostra segna l’inizio della stagione della Transavanguardia. Tutte le mostre saranno accompagnate dalla pubblicazione di un catalogo, testimonianza della sua grande passione di bibliofilo. Mazzoli sostiene il processo del ritorno alla pittura di quegli anni e, oltre agli artisti della Transavanguardia, promuove il lavoro di Gino De Dominicis, Tano Festa, Mario Schifano e Alighiero Boetti. Espone artisti americani, tra cui Malcolm Morley, Ross Bleckner, Robert Longo, Alex Katz, David Salle, Mark Innerst e William Anastasi. Nel 1981 organizza la prima mostra personale al mondo di Jean Michael Basquiat, con la collaborazione di Diego Cortez, eccentrico critico d’arte e musica di New York. “La mostra che ho amato di più è quella che farò dopo” afferma Mazzoli; ed è questo entusiasmo, insieme a una apertura alle novità e a una grande libertà lontana dalle mere leggi del mercato, a guidare da oltre quarant’anni l’attività della sua galleria.

Emilio Mazzoli nasce a Modena il 5 febbraio 1942. Già dal 1966 si avvicina all’arte contemporanea e nel 1970 apre a Modena Futura-Galleria d’arte contemporanea. Nel 1977 inaugura la galleria Emilio Mazzoli, dove alla fine del 1978 inizia l’avventura dellaTransavanguardia con la mostra Tre o quattro artisti secchi che ne costituisce il manifesto. Da allora inizia una collaborazione costante con il critico e amico Achille Bonito Oliva, con cui organizza le mostre personali di Enzo Cucchi, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Nicola De Maria e Francesco Clemente, che suscitano un crescente interesse di respiro internazionale. Tra gli artisti con cui ha collaborato regolarmente ricordiamo Gino De Dominicis, Mario Schifano, e Alighiero Boetti. Ha collaborato in più occasioni con il critico e storico dell’arte Giovanni Testori, in particolare per la mostra di Enzo Cucchi dal titolo Fontana Vista e per la presentazione di una triade di giovani artisti austriaci: Herbert Brandl, Gunter Damish, Hubert Scheibl. Mazzoli ha inoltre promosso l’arte americana, esponendo opere di artisti come Malcolm Morley, Ross Bleckner, Robert Longo, Alex Katz, David Salle, Mark Innerst e William Anastasi anche grazie alla collaborazione con Richard Milazzo, critico e curatore di fama internazionale. Nel 1981 he realizzato la prima mostra personale al mondo di Jean Michael Basquiat. Tra gli altri artisti che Emilio Mazzoli ha presentato nella sua galleria ricordiamo infine, oltre ai fotografi Harry Kipper e Gregory Crewdson, il cantautore americano Devendra Banhart, alla sua prima mostra personale. Tra i giovani artisti italiani con cui Mazzoli collabora costantemente da alcuni anni vi sono: Marco Cingolani, Mario Dellavedova, Carlo Benvenuto, Amedeo Martegani, Stefano Graziani, Nicola Samorì. Emilio Mazzoli non promuove ideologie o particolari movimenti ma cura ed espone liberamente l’avanguardia.

Il progetto de “I Martedì Critici”, che in anni di dibattiti con artisti ha offerto una riflessione sullo stato dell’arte contemporanea in Italia, riprende la propria attività a Roma, affiancando agli appuntamenti con gli artisti, anche incontri con galleristi, figure di rilievo che hanno contribuito alla definizione del panorama attuale dell’arte.

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Art a part of cult(ure): intervista ad alberto dambruoso

art a part of cult(ure)

martedì critici: intervista ad alberto dambruoso

di Maria Arcidiacono

Ideatore e organizzatore dei Martedì Critici, un appuntamento tra i più interessanti nel panorama non solo romano per gli appassionati d’arte contemporanea, Alberto Dambruoso traccia con noi un bilancio di questa esperienza, giunta ormai al suo secondo anno, e ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. L’iniziativa nasce nel febbraio del 2010: Dambruoso, allievo del prof. Maurizio Calvesi, è storico e critico d’arte e apre le porte del suo loft nel quartiere romano dell’Esquilino per ospitare settimanalmente un artista, invitato ad illustrare al pubblico il suo percorso artistico, a parlare liberamente dei vari temi riguardanti l’arte. Condotti dapprima con l’ausilio di Micol di Veroli, questi incontri, vista la grande affluenza di pubblico, hanno trovato nuova collocazione nel vicino Auditorium di Mecenate, splendido edificio di età imperiale, dove, assieme a nuove collaborazioni, con Marco Tonelli e con il supporto di Sara De Chiara, si sono susseguiti gli appuntamenti che hanno ormai superato le settanta unità.

I Martedì Critici a Via Carlo Bottacon Simone Pellegrini, sede di Via Carlo Botta a Colle Oppiocon Renato Mamborcon Luigi Ontanicon Joseph Kosuthcon Gilberto ZorioAuditorium di Mecenate, internoAlberto Dambruoso



Alberto, con quale spirito e con quale intento hai deciso di dar vita ai Martedì Critici?“I Martedì Critici si sono posti fin dall’inizio, quando ancora si tenevano nel mio studio-loft di via Carlo Botta a Colle Oppio, come un’alternativa ad un sistema di intendere l’arte contemporanea che mi sembrava ormai vetero-testamentario, per nulla dinamico, ma anzi chiuso a riccio in se stesso e con pochissimi spiragli di intervento.
L’idea è stata quella di fare un passo indietro e ritornare ad un approccio più vero, naturale, maggiormente coscienzioso e riguardoso dell’arte rispetto ai modelli esistenti, a mio avviso troppo mondani e chiassosi, dove tutto si fa tranne che guardare le opere. Penso a tanti vernissage dove la gente dà le spalle alle opere e nemmeno le degna di uno sguardo. L’idea in fondo è stata molto semplice: favorire l’insorgere di un dialogo che pone sullo stesso piano, senza alcuna gerarchia, critici, artisti e pubblico in un reciproco scambio di idee e di osservazioni scaturenti dai differenti punti di vista.
In un’intervista dello scorso ottobre dichiaravo che i Martedì Critici avevano colmato una lacuna. Sono in tanti a Roma ad asserire che mancava a Roma uno spazio di riflessione sull’arte contemporanea, allo stesso tempo serio e leggero, fuori dal sistema canonico dell’arte, un’opportunità per tornare al pensiero attorno all’opera.”.

Illustraci una caratteristica che differenza i Martedì Critici dagli altri talk artistici.

“Aver dato continuità ad un appuntamento che già in passato in verità a Roma esisteva. Ma soprattutto la grande differenza sta nel fatto che i Martedì Critici sono indipendenti come lo sono i curatori che li animano. Ciò significa che la scelta degli artisti l’abbiamo sempre fatta io e Marco nella massima autonomia. Anche quando da quest’anno sono entrati nell’organizzazione dell’evento Incontri Internazionali d’Arte e Cortoartecircuito.”.

Questa esperienza si è arricchita nello scorso inverno con il trasferimento temporaneo nelle città di Napoli e Milano. Come sono andati gli incontri milanesi e napoletani?

“Devo dire che sono andati molto molto bene, tanto bene che il direttore del Centro Pecci, Marco Bazzini, ci ha subito richiesto, dopo la conclusione del ciclo meneghino, di riportarli l’anno prossimo a Milano, aumentando anche il numero degli incontri, da sei dello scorso anno a dieci. Milano ha confermato la tradizione di essere una città molto ricettiva agli eventi d’arte contemporanea e abbiamo sempre avuto una bella platea durante tutti gli incontri, con punte di oltre centocinquanta persone come è accaduto ad esempio nel corso della serata con Andrea Mastrovito.
Anche Napoli da par suo ha confermato la sua tradizionale ospitalità e ci ha accolto con molto calore e tanti articoli sul “Mattino”. Non abbiamo mai ricevuto così tanta attenzione dalla carta stampata come è avvenuto a Napoli.”.

E qui giungiamo al primo motivo di perplessità: come mai all’indiscutibile successo di pubblico (talvolta anche la grande aula dell’Auditorium di Mecenate non ha avuto posti a sedere a sufficienza) non corrisponde uguale attenzione della stampa romana?

“E’ vero! A parte Gugliemo Gigliotti sul “Giornale dell’Arte” e Mario De Candia sul “Trovaroma” di “La Repubblica” che con continuità hanno recensito e dato notizia degli incontri e un piccolo trafiletto scritto da Lea Mattarella su “La Repubblica” lo scorso anno, non è uscito un articolo, una recensione, una notizia dei Martedì Critici dopo più di due anni di programmazione.
Sai, io credo sia un fatto tipico: all’inizio non ti fila nessuno perché non sei un nome nel firmamento dell’Art system, poi ad un certo punto quando tutti ne parlano, quando tutti ci vengono, quando più di 500 spettatori a volta si vedono il report della serata su internet, quando infine gli stessi artisti ne parlano con molti di questi colleghi della carta stampata, allora non puoi più far finta di ignorare un’evidenza schiacciante e quindi cominci, forse, a dare fastidio ad un establishment geloso e arroccato nei propri fortini. Sotto, ci sono le solite motivazioni di sempre: invidie, gelosie. E’ normale che molti vorrebbero essere al nostro posto. E qualcuno già si è mosso per fare cose similari. Ad un certo punto sono sbucati dal nulla tutta una serie di talk artistici come prima non era mai successo. Benvengano!! ma cambiassero almeno il giorno della settimana! (vedi I Like Tuesdays alla Deutche Bank di Milano).
D’altro canto è sempre stato così anche in passato. Le novità, la spinta al rinnovamento, hanno sempre incontrato le resistenze dello status quo. L’avanguardia ha sempre funzionato in questo modo: andando contro le ottusità e gli ingessamenti della cultura imperante.”.

Tra tentativi di imitazione e snobistica sufficienza degli addetti ai lavori, sembra davvero che serpeggi una fastidiosa invidia per questi appuntamenti. Gli ospiti dei Martedì Critici, tra i più importanti artisti viventi del panorama nostrano ed internazionale (Renato Mambor, Nunzio, Mimmo Jodice, Dino Pedriali, Arcangelo Sassolino, Adrian Paci, Luigi Ontani, Joseph Kosuth, Maurizio Mochetti, Gianfranco Baruchello, Gilberto Zorio per citarne solo alcuni) e gli eccellenti curricula dei due padroni di casa rendono il tutto insopportabile per chi naviga nella mediocrità?

”Senza alcun intento di protagonismo, abbiamo messo a disposizione del pubblico la nostra preparazione, frutto di molti anni di studi specialistici in storia dell’arte. Se c’è qualcosa che possiamo rivendicare io e Marco Tonelli è la nostra formazione rispetto a quella di tanti pseudo – colleghi, sedicenti critici e curatori (categoria quest’ultima che ha inquinato il mondo dell’arte degli ultimi quindici anni facendo perdere la credibilità di un intero sistema) che si sono improvvisati tali senza aver mai conseguito studi in merito. A differenza di questi, ex restauratori, ex galleristi, ex avvocati, ex pierre, ex, ex che oggi ricoprono perfino cariche da direttori di Museo, io e il mio collega siamo, prima di tutto, degli Storici dell’Arte e veniamo da un modo di approcciarsi all’arte che è più vicino a quello della critica militante degli anni 60-70. Non a caso io ho avuto la grande fortuna di avere come guida nel mio percorso di storico dell’arte il Prof. Calvesi, con il quale ho curato alcune mostre sugli anni Sessanta (quando ancora la moda delle mostre sugli anni Sessanta era lungi da venire) e attualmente sto redigendo con lui il nuovo catalogo generale dell’opera di Umberto Boccioni e stessa cosa dicasi del mio collega Tonelli, che si è formato con altri due importanti storici dell’arte come Giovanni Carandente e Enrico Crispolti. Con questo, intendo dire, che un tempo chi sceglieva di intraprendere la professione dello storico dell’arte, la quale poteva sfociare poi anche nella critica d’arte, si doveva confrontare con personalità di grande spessore intellettuale come i vari Argan, Vivaldi, De Marchis, Calvesi, Crispolti, Boatto, Menna, Fagiolo dell’Arco, Rubiu, Trucchi, Trini, Volpi e tanti altri ancora. Tutte persone oramai scomparse o comunque in pensione e che purtroppo non sono state più sostituite.
Ecco, credo che in questa povertà intellettuale ci voleva poco a fare qualcosa di buono. Bastava solo fare un po’ meglio e noi, almeno per quello che sentiamo dire in giro (soprattutto dagli artisti, i primi ad applaudire alla nostra iniziativa) e per quanto sono conosciuti ora I Martedì Critici in tutta Italia, sembra proprio che ci siamo riusciti.”.

La vostra è una delle iniziative di maggiore spessore per un pubblico curioso di conoscere da vicino artisti emergenti o dalla fama già consolidata, come saranno i futuri Martedì Critici?

“Ci sono diverse regioni che si stanno interessando per portare nei rispettivi capoluoghi i Martedì Critici. in particolare ci sono arrivate delle richieste dal Piemonte, dalla Sicilia, e dalla Puglia.
Proprio qualche giorno fa ci è giunta la conferma da parte dell’Assessorato alla Provincia di Bari che da metà novembre fino a Natale porteremo i Martedì Critici nel capoluogo pugliese. Il ritorno al Pecci di Milano è anche questo praticamente confermato, a partire dal prossimo gennaio 2013. Infine stiamo già programmando la prossima stagione romana e abbiamo già ricevuto l’adesione di Jan Fabre, Vedovamazzei, Gabriele Basilico e altri artisti ancora, ma dobbiamo ancora confermare la location. Vediamo se riusciamo a sensibilizzare la Sovrintendenza Comunale che recentemente ci ha imposto delle antipatiche gabelle per l’Auditorium di Mecenate che purtroppo hanno tra l’altro determinato la fuoriuscita dall’iniziativa dal prossimo settembre delle due associazioni culturali – Incontri Internazionali d’arte e CortoArteCircuito – che ci avevano sostenuto dal settembre dello scorso anno.”

 altri articoli di: Maria Arcidiacono