Archivio mensile:giugno 2012

Art a part of cult(ure): intervista ad alberto dambruoso

art a part of cult(ure)

martedì critici: intervista ad alberto dambruoso

di Maria Arcidiacono

Ideatore e organizzatore dei Martedì Critici, un appuntamento tra i più interessanti nel panorama non solo romano per gli appassionati d’arte contemporanea, Alberto Dambruoso traccia con noi un bilancio di questa esperienza, giunta ormai al suo secondo anno, e ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. L’iniziativa nasce nel febbraio del 2010: Dambruoso, allievo del prof. Maurizio Calvesi, è storico e critico d’arte e apre le porte del suo loft nel quartiere romano dell’Esquilino per ospitare settimanalmente un artista, invitato ad illustrare al pubblico il suo percorso artistico, a parlare liberamente dei vari temi riguardanti l’arte. Condotti dapprima con l’ausilio di Micol di Veroli, questi incontri, vista la grande affluenza di pubblico, hanno trovato nuova collocazione nel vicino Auditorium di Mecenate, splendido edificio di età imperiale, dove, assieme a nuove collaborazioni, con Marco Tonelli e con il supporto di Sara De Chiara, si sono susseguiti gli appuntamenti che hanno ormai superato le settanta unità.

I Martedì Critici a Via Carlo Bottacon Simone Pellegrini, sede di Via Carlo Botta a Colle Oppiocon Renato Mamborcon Luigi Ontanicon Joseph Kosuthcon Gilberto ZorioAuditorium di Mecenate, internoAlberto Dambruoso



Alberto, con quale spirito e con quale intento hai deciso di dar vita ai Martedì Critici?“I Martedì Critici si sono posti fin dall’inizio, quando ancora si tenevano nel mio studio-loft di via Carlo Botta a Colle Oppio, come un’alternativa ad un sistema di intendere l’arte contemporanea che mi sembrava ormai vetero-testamentario, per nulla dinamico, ma anzi chiuso a riccio in se stesso e con pochissimi spiragli di intervento.
L’idea è stata quella di fare un passo indietro e ritornare ad un approccio più vero, naturale, maggiormente coscienzioso e riguardoso dell’arte rispetto ai modelli esistenti, a mio avviso troppo mondani e chiassosi, dove tutto si fa tranne che guardare le opere. Penso a tanti vernissage dove la gente dà le spalle alle opere e nemmeno le degna di uno sguardo. L’idea in fondo è stata molto semplice: favorire l’insorgere di un dialogo che pone sullo stesso piano, senza alcuna gerarchia, critici, artisti e pubblico in un reciproco scambio di idee e di osservazioni scaturenti dai differenti punti di vista.
In un’intervista dello scorso ottobre dichiaravo che i Martedì Critici avevano colmato una lacuna. Sono in tanti a Roma ad asserire che mancava a Roma uno spazio di riflessione sull’arte contemporanea, allo stesso tempo serio e leggero, fuori dal sistema canonico dell’arte, un’opportunità per tornare al pensiero attorno all’opera.”.

Illustraci una caratteristica che differenza i Martedì Critici dagli altri talk artistici.

“Aver dato continuità ad un appuntamento che già in passato in verità a Roma esisteva. Ma soprattutto la grande differenza sta nel fatto che i Martedì Critici sono indipendenti come lo sono i curatori che li animano. Ciò significa che la scelta degli artisti l’abbiamo sempre fatta io e Marco nella massima autonomia. Anche quando da quest’anno sono entrati nell’organizzazione dell’evento Incontri Internazionali d’Arte e Cortoartecircuito.”.

Questa esperienza si è arricchita nello scorso inverno con il trasferimento temporaneo nelle città di Napoli e Milano. Come sono andati gli incontri milanesi e napoletani?

“Devo dire che sono andati molto molto bene, tanto bene che il direttore del Centro Pecci, Marco Bazzini, ci ha subito richiesto, dopo la conclusione del ciclo meneghino, di riportarli l’anno prossimo a Milano, aumentando anche il numero degli incontri, da sei dello scorso anno a dieci. Milano ha confermato la tradizione di essere una città molto ricettiva agli eventi d’arte contemporanea e abbiamo sempre avuto una bella platea durante tutti gli incontri, con punte di oltre centocinquanta persone come è accaduto ad esempio nel corso della serata con Andrea Mastrovito.
Anche Napoli da par suo ha confermato la sua tradizionale ospitalità e ci ha accolto con molto calore e tanti articoli sul “Mattino”. Non abbiamo mai ricevuto così tanta attenzione dalla carta stampata come è avvenuto a Napoli.”.

E qui giungiamo al primo motivo di perplessità: come mai all’indiscutibile successo di pubblico (talvolta anche la grande aula dell’Auditorium di Mecenate non ha avuto posti a sedere a sufficienza) non corrisponde uguale attenzione della stampa romana?

“E’ vero! A parte Gugliemo Gigliotti sul “Giornale dell’Arte” e Mario De Candia sul “Trovaroma” di “La Repubblica” che con continuità hanno recensito e dato notizia degli incontri e un piccolo trafiletto scritto da Lea Mattarella su “La Repubblica” lo scorso anno, non è uscito un articolo, una recensione, una notizia dei Martedì Critici dopo più di due anni di programmazione.
Sai, io credo sia un fatto tipico: all’inizio non ti fila nessuno perché non sei un nome nel firmamento dell’Art system, poi ad un certo punto quando tutti ne parlano, quando tutti ci vengono, quando più di 500 spettatori a volta si vedono il report della serata su internet, quando infine gli stessi artisti ne parlano con molti di questi colleghi della carta stampata, allora non puoi più far finta di ignorare un’evidenza schiacciante e quindi cominci, forse, a dare fastidio ad un establishment geloso e arroccato nei propri fortini. Sotto, ci sono le solite motivazioni di sempre: invidie, gelosie. E’ normale che molti vorrebbero essere al nostro posto. E qualcuno già si è mosso per fare cose similari. Ad un certo punto sono sbucati dal nulla tutta una serie di talk artistici come prima non era mai successo. Benvengano!! ma cambiassero almeno il giorno della settimana! (vedi I Like Tuesdays alla Deutche Bank di Milano).
D’altro canto è sempre stato così anche in passato. Le novità, la spinta al rinnovamento, hanno sempre incontrato le resistenze dello status quo. L’avanguardia ha sempre funzionato in questo modo: andando contro le ottusità e gli ingessamenti della cultura imperante.”.

Tra tentativi di imitazione e snobistica sufficienza degli addetti ai lavori, sembra davvero che serpeggi una fastidiosa invidia per questi appuntamenti. Gli ospiti dei Martedì Critici, tra i più importanti artisti viventi del panorama nostrano ed internazionale (Renato Mambor, Nunzio, Mimmo Jodice, Dino Pedriali, Arcangelo Sassolino, Adrian Paci, Luigi Ontani, Joseph Kosuth, Maurizio Mochetti, Gianfranco Baruchello, Gilberto Zorio per citarne solo alcuni) e gli eccellenti curricula dei due padroni di casa rendono il tutto insopportabile per chi naviga nella mediocrità?

”Senza alcun intento di protagonismo, abbiamo messo a disposizione del pubblico la nostra preparazione, frutto di molti anni di studi specialistici in storia dell’arte. Se c’è qualcosa che possiamo rivendicare io e Marco Tonelli è la nostra formazione rispetto a quella di tanti pseudo – colleghi, sedicenti critici e curatori (categoria quest’ultima che ha inquinato il mondo dell’arte degli ultimi quindici anni facendo perdere la credibilità di un intero sistema) che si sono improvvisati tali senza aver mai conseguito studi in merito. A differenza di questi, ex restauratori, ex galleristi, ex avvocati, ex pierre, ex, ex che oggi ricoprono perfino cariche da direttori di Museo, io e il mio collega siamo, prima di tutto, degli Storici dell’Arte e veniamo da un modo di approcciarsi all’arte che è più vicino a quello della critica militante degli anni 60-70. Non a caso io ho avuto la grande fortuna di avere come guida nel mio percorso di storico dell’arte il Prof. Calvesi, con il quale ho curato alcune mostre sugli anni Sessanta (quando ancora la moda delle mostre sugli anni Sessanta era lungi da venire) e attualmente sto redigendo con lui il nuovo catalogo generale dell’opera di Umberto Boccioni e stessa cosa dicasi del mio collega Tonelli, che si è formato con altri due importanti storici dell’arte come Giovanni Carandente e Enrico Crispolti. Con questo, intendo dire, che un tempo chi sceglieva di intraprendere la professione dello storico dell’arte, la quale poteva sfociare poi anche nella critica d’arte, si doveva confrontare con personalità di grande spessore intellettuale come i vari Argan, Vivaldi, De Marchis, Calvesi, Crispolti, Boatto, Menna, Fagiolo dell’Arco, Rubiu, Trucchi, Trini, Volpi e tanti altri ancora. Tutte persone oramai scomparse o comunque in pensione e che purtroppo non sono state più sostituite.
Ecco, credo che in questa povertà intellettuale ci voleva poco a fare qualcosa di buono. Bastava solo fare un po’ meglio e noi, almeno per quello che sentiamo dire in giro (soprattutto dagli artisti, i primi ad applaudire alla nostra iniziativa) e per quanto sono conosciuti ora I Martedì Critici in tutta Italia, sembra proprio che ci siamo riusciti.”.

La vostra è una delle iniziative di maggiore spessore per un pubblico curioso di conoscere da vicino artisti emergenti o dalla fama già consolidata, come saranno i futuri Martedì Critici?

“Ci sono diverse regioni che si stanno interessando per portare nei rispettivi capoluoghi i Martedì Critici. in particolare ci sono arrivate delle richieste dal Piemonte, dalla Sicilia, e dalla Puglia.
Proprio qualche giorno fa ci è giunta la conferma da parte dell’Assessorato alla Provincia di Bari che da metà novembre fino a Natale porteremo i Martedì Critici nel capoluogo pugliese. Il ritorno al Pecci di Milano è anche questo praticamente confermato, a partire dal prossimo gennaio 2013. Infine stiamo già programmando la prossima stagione romana e abbiamo già ricevuto l’adesione di Jan Fabre, Vedovamazzei, Gabriele Basilico e altri artisti ancora, ma dobbiamo ancora confermare la location. Vediamo se riusciamo a sensibilizzare la Sovrintendenza Comunale che recentemente ci ha imposto delle antipatiche gabelle per l’Auditorium di Mecenate che purtroppo hanno tra l’altro determinato la fuoriuscita dall’iniziativa dal prossimo settembre delle due associazioni culturali – Incontri Internazionali d’arte e CortoArteCircuito – che ci avevano sostenuto dal settembre dello scorso anno.”

 altri articoli di: Maria Arcidiacono

Niente più Martedì Critici per Roma? La solita storia: quando una cosa funziona, l’istituzione si adopera per scoraggiarla. Dambruoso: troppe tasse, da soli non ce la si fa

Luigi Ontani e Alberto Dambruoso

E un altro ciclo, lungo e corposo, si è concluso. Un’altra stagione di appuntamenti con artisti internazionali, tutti italiani d’adozione, chiamati a raccontarsi al pubblico, con tanto di oculata intro da parte dei due critici-curatori, Alberto Dambruoso e Marco Tonelli. Lunga la lista: Ontani, Kosuth, Canevari, Zorio, Baruchello, Moro, Lim, Jodice, Cingolani, Spagnulo, Riello… E via così, per un totale di 75 nomi. Parliamo, ovviamente, dell’ormai arci-noto format dei Martedì Crritici, partito un po’ in sordina un paio di anni fa, nello studio romano di Dambruoso, e poi cresciuto, mese dopo mese, approdando a location istituzionali, radicandosi con forza nella Capitale e sconfinando verso altre città d’Italia, prima Milano, poi Napoli. Un progetto che Artribune segue da un anno, con news settimanali dedicate agli ospiti e con i puntuali short-video che raccontano il meglio di ogni talk.
Terminata l’ultima tornata, è il momento della pausa estiva, in attesa del restart settembrino. Ma qualcosa cambierà, almeno sulla piazza romana.
Intanto, escono di scena gli Incontri Internazionali d’Arte e CortoArteCircuito, supporter del progetto. E la ragione principale – guarda un po’ – è che le due associazioni non sono più nelle condizioni di sostenere le spese di gestione dell’Auditorium Mecenate, ormai sede simbolo dei Martedì Critici. La colpa? Del Comune e delle nuove gabelle imposte quest’anno. Imposte che, nel 2012, sono arrivate a sfiorare la non indifferente cifra di circa 700 euro a serata (contro i 140 delle scorse stagioni), tra nolo della sala, spese di guardiania e bigliettazione. Non proprio bruscolini, nell’economia di un piccolo progetto culturale che, puntando sul binomio qualità-low cost, non gode certo di budget faraonici.

Bene andrebbe, invece, altrove: la Provincia di Bari e il Centro Pecci di Milano offrono il loro impegno per sostenere la programmazione autunnale e invernale.
Paradosso: Roma, che fu culla del progetto, sembra restare indifferente, mettendo anzi qualche ostacolo di troppo. Intanto, altri nomi importanti, da Jan Fabre a Gabriele Basilico, apprezzano e aderiscono, candidandosi a rimpolpare la folta schiera di “artisti del martedì”. Secondo scaletta ufficiosa, si dovrebbe ripartire proprio da Roma, il 18 settembre, tornandovi, ad Aprile 2013, per una seconda tranche. Sempre che il Comune una manina la tenda: non si chiedono quattrini – per carità – ma che siano almeno riconosciuti qualità dell’iniziativa e capacità di autogestione/autofinanziamento. Che l’amministrazione non sia stampella, ma nemmeno fardello.

– Helga Marsala

I MARTEDÌ CRITICI – PAOLO CANEVARI

PAOLO CANEVARI

Auditorium di Mecenate, Roma

5 giugno 2012, ore 19.00

a cura di Alberto Dambruoso e Marco Tonelli

con la collaborazione di Sara De Chiara

Ospite dell’ultimo appuntamento stagionale de I Martedì Critici è Paolo Canevari, artista nato a Roma nel 1963 ma residente oramai da anni a New York.

Proveniente da una famiglia di artisti (nonno, zii e padre erano scultori e pittori) Canevari ha fatto dei copertoni e delle camere d’aria il tratto materico e poetico distintivo di gran parte della sua opera. Per Canevari del resto la forma dei pneumatici è allo stesso tempo “archetipica e simbolo dell’industrializzazione” e quindi emblema della contemporaneità ma anche delle contraddizioni del nostro tempo.

Un tempo storico, economico, sociale e politico di cui Canevari evidenzia con feroce ironia impulsi violenti, stimoli di morte e distruzione, che nel suo linguaggio prendono forma di azioni in spazi urbani di paesi ai margini del mondo o devastati dalla guerra, di video, di sculture che interagiscono con animali e esseri umani, quasi a voler rendere del nostro presente inquietudini e paure nella maniera meno retorica e più reale possibile.

Artista raffinato nella forma e brutale nei contenuti, Canevari esce da qualsiasi schema e raggruppamento estetico contemporaneo, perché ha fatto del mondo nel suo insieme una poetica di denuncia e di rivolta, in cui religione, guerra, memoria storica e privata diventano azzardi e veri e propri oggetti ansiosi, carichi di tutte le implicazioni del nostro presente, senza fare sconti, senza lasciare resti. Nell’opera di Canevari il reale occupa minacciosamente il nostro stesso spazio e l’arte diventa un’arma, se vogliamo anche di redenzione ed espiazione, nelle mani dell’artista e dello spettatore. Non a caso, giocare con la morte che è un’icona spesso presente nelle sue opere (“Bouncing Skull” è il titolo di una delle sue opere video più raccapriccianti in tal senso), è per Canevari una costante della sua iconografia e medicina amara che non si può più ignorare.

grazie a:
INCONTRI INTERNAZIONALI D’ARTE e CORTOARTECIRCUITO
Riprese e montaggio: STUDIO RAY
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