Archivio mensile:aprile 2016

I Martedì Critici – Giorgio Griffa

GIORGIO GRIFFA

26 aprile 2016, ore 18.00

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Piazzale della Farnesina, 1

a cura di Alberto Dambruoso e Helga Marsala

Martedì 26 aprile avrà luogo il quarto appuntamento della stagione primaverile de «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti al settimo anno di attività.

La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno a Roma, in diverse sedi, alternandosi tra il Museo MACRO di via Nizza, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – La Farnesina e il Tempietto del Bramante sul Gianicolo, sede dell’Accademia di Spagna.

Ad affiancare Alberto Dambruoso nella conduzione delle interviste, si avvicenderanno interlocutori di volta in volta diversi: Lorenzo Canova, Claudio Crescentini, Sara De Chiara, Marco Di Capua, Guglielmo Gigliotti, Helga Marsala.

Ospite del quarto appuntamento, martedì 26 aprile, sarà Giorgio Griffa (Torino, 1936). L’incontro è realizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

L’esordio nel mondo della pittura per Giorgio Griffa avviene prestissimo, quando, ancora bambino, viene iscritto dai genitori alla scuola di pittura. Le sue prime opere, a partire dalla prima cartolina copiata e dalle prime colline d’estate e d’inverno dipinte, si inseriscono nel filone della pittura figurativa, che l’artista seguirà per alcuni anni. È nell’età dell’adolescenza, guardando dal vero un quadro di Mondrian, che Griffa avverte per la prima volta la necessità di intraprendere una ricerca pittorica differente, ma bisognerà attendere molti anni prima che si manifesti concretamente la rottura provocata da quella vista e prima che si concretizzi l’origine di una nuova fase artistica e di un nuovo modus operandi.

È grazie a Filippo Scroppo, artista astratto che tiene un corso di pittura nel proprio atelier, che Griffa trova il mezzo per evolversi o, in un certo senso, per ricominciare da zero. Contribuisce alla sua nuova formazione l’incontro con Aldo Mondino che, nei primi anni ’60, gli fa conoscere alcuni dei più importanti artisti attivi in quegli anni a Torino, tra cui Giulio Paolini, all’epoca alle prese con i suoi primi lavori, già concentrato sull’esplorazione degli elementi costitutivi del quadro, sulla loro scissione, sullo spazio della rappresentazione e sul fenomeno della sua rivelazione.

Alla metà degli anni ‘60, il processo di semplificazione dell’opera, che caratterizzerà da allora i lavori dell’artista, è già avviato. La presenza figurativa, staccata dalla pittura ma sovrapposta ad essa, diventa una presenza ingombrante, le immagini si trasformano per Griffa in elementi di intralcio alla libera espressione dei segni, qualcosa di cui liberarsi. È in prossimità della sua prima esposizione che l’artista capisce che è la materia, intelligente e non bruta, a dover parlare, tramite la mano e il pensiero dell’artista, che passa dall’azione del dominare all’azione dell’ascoltare. Così, colori, macchie, scarabocchi, pennellate, impronte diventano il racconto della secolare memoria dell’umanità, segni che raccolgono un’identità precisa e stratificata, a cui Griffa dà ripetutamente voce, nel costante impegno di non prevaricazione. Nel 1968 si tiene la sua prima mostra personale, presso la Galleria Martano: è un momento decisivo, in cui contemporaneamente Giorgio Griffa nasce come pittore e porta a compimento una fase decisiva e fondante della sua ricerca artistica. Con la serie Segni Primari e con grandi tele, intitolate Quasi dipinto, l’artista inizia a esprimere il concetto del “non finito”, di un tempo sospeso, di un processo vicino al completamento ma mai concluso, strumento attraverso cui consentire all’opera di continuare a vivere e a variare. L’artista lavora con tele grezze, fatte di juta, canapa, cotone, lino, lisce e che lascino passare il colore. Principalmente senza telaio e cornice, l’opera viene lavorata sul pavimento, per consentirle di assorbire il colore molto liquido. Griffa si muove tra le tele, lavora a terra, cammina sui tessuti, asseconda la personalità dell’opera in ogni sua piega.

Il successivo approdo alla Galleria Sperone, alla fine degli anni ’60, ha ulteriormente contribuito ad arricchire la sua formazione, grazie al contatto con artisti e opere dell’Arte Povera, fortemente dediti alla ricerca e all’espressione della materia intelligente, dal primo contatto con i lavori di Robert Ryman, alla sintonia con le creazioni di Penone, Zorio, Anselmo, Calzolari, incontri che hanno lasciato tracce evidenti nella ricerca artistica di Giorgio Griffa.

Dopo la metà degli anni ’70, Griffa si apre a nuove suggestioni, con il ciclo Connessioni Contaminazioni rafforza e intensifica il suo legame con la memoria del passato, espressione di società e tradizioni differenti. Nel tentativo di evasione da un atteggiamento analitico e di immersione in una azione di ripensamento più vasta, le opere di questa fase non sono più caratterizzate, come le precedenti, dalla ripetizione dei medesimi segni, sempre uguali seppur diversi perché tracciati dalla mano dell’artista, ma dalla presenza di composizioni ritmiche, composte di linee orizzontali, verticali, sottili o spesse. La serie Frammenti, avviata alla fine degli anni ’70, raccoglie opere in cui sezioni di tele sono tagliate in piccoli frammenti irregolari, sui quali viene posata la pittura. Attraverso trasparenze e sovrapposizioni, sono proprio i frammenti a creare immagini e figure, in collaborazione con la pittura che contengono. Questa pluralità di segni, insieme alla riappropriazione della tradizione storica e pittorica, ha fatto nascere anche la serie Alter Ego (denominazione risalente al 2000), che contiene lavori realizzati pensando ad altri artisti e ad altre epoche, come Matisse, Anselmo, Tintoretto, Merz, Uccello, Klee, Klein.

Tra gli anni ’80 e ’90 Griffa si muove con un tratto più decorativo e libero, avendo ormai consolidato, in anni di lavoro e ricerca, le fondamenta della sua poetica. Introduce, da un lato, un nuovo rapporto tra segno e colore, con la serie Segno e Campo, dove uno o più tratti, segni cromatici, vengono immersi in uno sfondo senza confini e felicemente si sovrappongono ad esso, e, dall’altro, linee ondulate, arabeschi, semicerchi, fregi, in tinte molto delicate e raffinate. Con Tre Linee con Arabesco, ciclo in cui le opere presentano la ripetizione di questi semplici elementi, alla nuova gamma di forme espressive si aggiunge l’introduzione delle numerazioni, anticipatrici dell’omonima serie. Inizialmente inserite per indicare il progredire delle tele all’interno del ciclo pittorico, i numeri si trasformano ben presto nello strumento utile a segnalare la sequenza interna dei segni e dei colori in una singola tela, e a tracciare, quindi, il percorso attraverso cui si è realizzata l’opera (Numerazioni). A partire dalla ricerca di Mario Merz, che con la serie di Fibonacci ha intrecciato un nuovo rapporto tra arte e scienza, Giorgio Griffa scopre il modo di riallacciarsi a Euclide, legando le sue opere al numero e al rapporto aureo. Nella serie Sezione Aurea, avviata nel 2000, l’artista sceglie di esprimersi attraverso l’uso del numero irrazionale, infinito per sua natura, in quanto decimale, indica spazi infiniti e tempi sospesi, superamento della ragione e immersione nell’ignoto.

A partire dalla fine degli anni ‘60, pur non essendo inquadrabile in un determinato movimento e pur avendo spesso rifiutato etichettature, Giorgio Griffa è stato accostato al Minimalismo, all’Arte Povera e alla Pittura Analitica.

Tra le più recenti esposizioni personali ricordiamo: MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma (2011); Mies van der Rohe Haus, Berlin (2012); Fragments 1968 – 2012, Casey Kaplan Gallery, New York (2012-2013); Douglas Hyde Gallery, Dublin (2014); Galleria Lorcan O’Neill, Roma (2014); A Retrospective 1968 – 2014, Centre d’Art Contemporain Genève, Genève (2015); Painting in the Fold, Bergen Kunsthall, Bergen, Norway (2015); Giorgio Griffa: The 1970s, Casey Kaplan Gallery, New York (2016); Works on Paper, Fondazione Giuliani (2016); Fondation Vincent Van Gogh Arles, Arles, France (2016); Quasi Tutto, Serralves Museum, Porto, Portugal (2016).

Giorgio Griffa partecipa inoltre a numerose mostre di rilievo internazionale, come Processi di pensiero visualizzati al Kunstmuseum di Lucerna (1970), Contemporanea nel Parcheggio di Villa Borghese di Roma (1973), la Biennale di San Paolo (1977), Arte in Italia 1960/77 alla G.A.M. di Torino (1977), XXXVIII Biennale di Venezia (1978), XXXIX Biennale di Venezia (1980), Pittura italiana da collezioni italiane al Castello di Rivoli (1997), Arte Italiana, Ultimi quarant’annialla GAM Galleria d’Arte Modema di Bologna (1998), Pittura analitica al Museo della Permanente di Milano (2007), Temi & Variazioni – Dalla grafia all’azzeramento, Peggy Guggenheim Collection di Venezia (2009), Collezione del contemporaneo, Accademia San Luca di Roma (2010), Artists and Poets, curated by Ugo Rondione, Secession, Vienna (2013).

 

Info Pubblico:
Ingresso solo su prenotazione fino a esaurimento posti.
È possibile prenotarsi a partire dal 20 aprile sul sito web della Farnesina: www.esteri.it
Al termine dell’incontro, seguirà un vin d’honneur e una visita della Collezione di arte contemporanea alla Farnesina.
Per maggiori informazioni:
+39 06 36914145
dgsp8@esteri.it
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Piazzale della Farnesina, 1
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I Martedì Critici – Concetto Pozzati

CONCETTO POZZATI

19 aprile 2016, ore 17.30

MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma

Sala Cinema, via Nizza 138

a cura di Alberto Dambruoso e Guglielmo Gigliotti

 

Il l terzo appuntamento della stagione primaverile dei «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti al settimo anno di attività.

La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno a Roma, in diverse sedi, alternandosi tra il Museo MACRO di via Nizza, il Ministero degli Affari Esteri – La Farnesina e il Tempietto del Bramante sul Gianicolo, sede dell’Accademia di Spagna.

Ad affiancare Alberto Dambruoso nella conduzione delle interviste, si avvicenderanno interlocutori di volta in volta diversi: Lorenzo Canova, Claudio Crescentini, Costantino D’Orazio, Sara De Chiara, Marco Di Capua, Guglielmo Gigliotti.

Ospite del terzo appuntamento, martedì 19 aprile, sarà Concetto Pozzati (Vò Vecchio, Padova, 1935). L’incontro è realizzato in collaborazione con Guglielmo Gigliotti.

Dopo i primi studi in architettura intrapresi a Bologna, Pozzati si trasferisce a Parigi dove si misura nel campo della grafica pubblicitaria presso l’atelier dello zio, il celebre Sepo, e dove comprende la sua la più profonda vocazione: la pittura. Rientrato in Italia, si stabilisce a Venezia e frequenta quello che sarà il suo autentico maestro, Virgilio Guidi. Nel 1958 espone a Roma alla galleria La Salita insieme con Fioroni, Schettini e Valentini, mentre l’anno successivo tiene la sua prima mostra personale al Salone Annunciata di Milano. L’esordio pittorico di Pozzati è caratterizzato da un approccio di tipo informale, gestuale e materico, ma fin dall’inizio degli anni Sessanta la sua ricerca si rivolge verso una nuova figurazione che arriva a esiti originali vicini alla Pop-Art. L’artista è tra i protagonisti della Biennale di Venezia del 1964, edizione che ha consacrato la Pop Art americana, e dove espone insieme agli artisti di Piazza del Popolo nella sezione curata da Maurizio Calvesi. Nello stesso modo in cui tiene uniti sulle tele registri diversi, colloquiali e popolari da una parte, colti e densi di rimandi alla storia dell’arte classica dall’altra, Pozzati crea una perfetta contiguità tra la realtà oggettiva e la sua rappresentazione, tanto da confonderne i confini. Memore dell’esperienza nel campo della comunicazione e allo stesso tempo ironico e dissacrante nei confronti della stessa immagine pubblicitaria, l’artista liberamente ricompone sulla tela una realtà che è allo stesso tempo familiare e metafisica, accattivante e straniante, fatta di oggetti aggregati tra loro, stilizzati o materici, decontestualizzati, ingranditi, assottigliati, inseriti in griglie geometriche, accesi da colori alterati e rivestiti di pattern fantasia.

Alla carriera artistica Concetto Pozzati ha affiancato l’attività di insegnamento: è stato ordinario della cattedra di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti Bologna e direttore di quella di Urbino fino al 1973. Dal 1993 al 1996 ha inoltre ricoperto la carica di assessore alla cultura del comune di Bologna e nel 1998 è stato direttore artistico della Casa del Mantegna di Mantova. Dal 1995 è membro dell’Accademia Nazionale di San Luca.

Pozzati ha partecipato alle principali manifestazioni internazionali, tra le quali ricordiamo: Biennali di Venezia del 1964, 1972, 1982, 2007; Biennale di S.Paolo del Brasile nel 1963 e 1994, di Tokyo nel 1963; Dokumenta di Kassel nel 1964; Biennale di Parigi nel 1969; ha inoltre preso parte alle edizioni della Quadriennale di Roma del 1959, 1965, 1973, 1974, 1986.

Si sono tenute sue mostre antologiche a Palazzo della Pilotta, Parma nel 1968, a Palazzo Grassi, Venezia, nel 1974, a Palazzo delle Esposizioni, Roma, nel 1976, al Museo Forti, Verona, nel 1986, ai Musei di Bologna e Modena nel 1991; nel 1996 alla Rocca Malatestiana di Fano e a Palazzo Lazzarini a Pesaro; nel 1997 a Palazzo Massari a Ferrara e alla Pinacoteca dei Concordi a Rovigo. Nel 1999 ha esposto alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Termoli e al centro S. Apollonia di Venezia. Tra le recenti mostre personali ricordiamo: nel 2002 all’Artcurial Centre D’Art Contemporain di Montecarlo e al CSAC Università di Parma, Palazzo della Pilotta. Museo Frisacco, Udine 2005, Concetto Pozzati, Torture, Castello di Arceto, Scandiano (RE), in collaborazione con Palazzo Magnani, Reggio Emilia, 2005; Biblioteca di segni: Travestimenti, Galleria D’arte Moderna, Faenza, 2006;  De-posizioni, Museo Magazzino del Sale, Cervia, 2006; Bozzetti per De-posizioni, Museo Morandi, Bologna, 2007.

Info Pubblico: Ingresso libero fino ad esaurimento posti
via Reggio Emilia 54, Roma
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I Martedì Critici – STREET ART E ARTE PUBBLICA

STREET ART E ARTE PUBBLICA RIGENERARE LE PERIFERIE URBANE

a cura di Alberto Dambruoso e Helga Marsala
introduce Tiziana D’Acchille, Direttore Accademia di Belle Arti di Roma
12 aprile 2016, ore 17.30
Accademia di Belle Arti di Roma, Aula Magna 
Via Di Ripetta 222 

Settimo anno di attività per i Martedì Critici e secondo appuntamento della stagione primaverile 2016. Riproponendo la formula del talk a più voci, si torna a riflettere su Street Art e Arte Pubblica, dopo l’incontro del novembre 2015 dedicato al caso Marulla e alle opere cosentine di Flavio Favelli e Lucamaleonte.
Stavolta si discute di periferie, con un riferimento specifico alla realtà romana e al ruolo dell’arte nei processi di rigenerazione, riqualificazione, valorizzazione dei quartieri. Quanto e come cambiano i luoghi periferici, con le loro fragilità e difficoltà quotidiane, in relazione ai murales, ai progetti d’arte pubblica, alle visioni e agli sguardi degli artisti? Quanta retorica intorno al tema della riqualificazione mediata dall’arte e quali concrete possibilità di cambiamento? Servizi carenti, marginalità sociale, microcriminalità, disoccupazione, assenza di luoghi dedicati alla cultura, mobilità limitata ed enormi distanze dal centro: le periferie e i quartieri popolari, spesso, sono anche questo. E sono però, in molti casi, contesti di grande vitalità ed energia potenziale, in cui ha senso seminare e immaginare nuovi scenari.
Durante l’incontro si proverà a capire come e con quali strumenti intervenire, tra pratiche dal basso, formule indipendenti, progetti strutturati a livello del sistema (con tanto di avallo istituzionale e coordinamenti curatoriali).

In apertura, ad introdurre il tema, sarà un video – prodotto da I Martedì Critici – realizzato a novembre 2015 durante il III Festival di Poesia di Strada, tra le vie del Trullo: qui, in questo quartiere popolare romano, i giovani Poeti der Trullo e i più maturi Pittori Anonimi del Trullo (guidati da Mario D’Amico) hanno avviato un processo di partecipazione collettiva e di diffusione artistica, contro il degrado urbano. Subito dopo ci si concentrerà sulla vicina realtà di Corviale, quartiere difficile, noto per il mitico “Serpentone”, struttura abitativa nata con ambizioni sperimentali e presto rivelatasi una trappola, un fallimento architettonico. A Corviale, @Mimmo Rubino, @Aka Rub Kandy, e Angelo Sabatiello hanno avviato un progetto esteticamente, poeticamente e concettualmente incisivo, con una forte vocazione sociale.
L’Albergo delle Piante, pensato per la piazza di cemento a gradoni dell’ex Mercato, nasce grazie alla collaborazione del locale @CAG – @Centro di Aggregazione Giovanile Luogocomune (Arci Solidarietà), del @Centro Diurno ASL ROMA – Struttura Residenziale psichiatrica socio-riabilitativa, della @Biblioteca Comunale di Corviale e dei cittadini del quartiere.
A raccontare di questa esperienza saranno Rubino e Sabatiello, in presenza della Dottoressa Ester Stocco, direttrice del @Centro Diurno di Corviale per malati con disturbi psichiatrici.
Preziose, tra le altre, anche le testimonianze di Lorenzo Canova, critico e storico dell’arte, e di Simone Pallotta, curatore in un’altra periferia romana – quartiere San Basilio – del progetto di Street Art SANBA, in cui si sono incontrati qualità artistica, progettualità, coerenza stilistica e un tentativo di radicamento nel tessuto sociale di riferimento.
Anche in quel caso Rub Kandy progettò un intervento d’arte pubblica (Piccolo Cinema San Basilio, 2015) su misura per gli spazi aperti del quartiere.

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I Martedì Critici – Ninì Santoro

NINÌ SANTORO

5 aprile 2016, ore 17.30

MACRO via Reggio Emilia, 54 – Sala Cinema

a cura di Alberto Dambruoso e Claudio Crescentini

 

Riparte martedì 5 aprile la stagione primaverile dei «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione culturale I Martedì Critici», giunti al settimo anno di attività. La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno a Roma, in diverse sedi, alternandosi tra il Museo Macro di via Nizza, il Ministero degli Affari Esteri – La Farnesina e il Tempietto del Bramante sul Gianicolo, sede dell’Accademia di Spagna.

Ad affiancare Alberto Dambruoso nella conduzione delle interviste, si avvicenderanno interlocutori di volta in volta diversi:  Lorenzo Canova, Claudio Crescentini, Costantino D’orazio, Sara De Chiara, Marco Di Capua, Guglielmo Gigliotti.

Ospite dell’appuntamento inaugurale, realizzato in collaborazione con il Macro, è Pasquale “Ninì” Santoro (Ferrandina, Matera, 1933).

Tra i massimi protagonisti dell’arte astratta italiana, dalla fine degli anni Cinquanta Santoro porta avanti una ricerca formale che spazia dalla pittura alla scultura, dall’incisione alla ceramica. Dopo una prima formazione a Roma, Santoro si trasferisce nel 1957 a Lione, grazie a una borsa di studio al Musées des Tissus, e poi a Parigi, dove frequenta il celebre laboratorio di incisione di Stanley William Hayter, l’Atelier 17, all’epoca cuore pulsante dell’avanguardia artistica della capitale francese. Presso l’Atelier 17, accanto allo studio approfondito delle tecniche incisorie tradizionali, in particolare della xilografia, apprende l’originale procedimento di stampa a colori da una sola matrice, reso possibile incidendo la superficie della lastra a diverse profondità. Santoro rientra nel 1962 a Roma e fonda, insieme con Biggi, Carrino, Frascà, Pace e Uncini, il Gruppo Uno, impegnato nel superamento del linguaggio informale attraverso una nuova riflessione sui mezzi tradizionali dell’arte. La prima mostra del Gruppo Uno, presentata alla Galleria Quadrante di Firenze, è accompagnata da scritti di Palma Bucarelli, Nello Ponente e Giulio Carlo Argan, a cui l’artista è legato da un rapporto di amicizia fin dal suo esordio. Già nell’estate del 1963 però Santoro decide di separarsi dal gruppo e comincia a dedicarsi alla scultura: strutture in ferro, caratterizzate da linee dinamiche e minimaliste, si snodano nello spazio restituendo un’immagine sintetica, essenziale della natura. Nel 1967 l’artista realizza per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, su commissione di Palma Bucarelli, la celebre Foresta pietrificata in acciaio. A partire dagli anni Settanta sarà la volta de Gli Achei, I Templari, Le Maschere, sculture attraversate da una tensione monumentale, in cui l’epos rivive in un materiale industriale come il metallo perforato. Al 1977-78 risale la serie grafica I cieli di Piranesi, ispirata alle lastre originali del maestro veneziano, realizzata presso la Stamperia della Calcografia, dove l’artista è invitato a insegnare da Carlo Bertelli e dove lavora a un ciclo di acqueforti per illustrare i Four Quartets di Eliot. Ad accompagnare la lunga attività di Santoro vi è il infatti rapporto fecondo con la poesia, cominciato con la pubblicazione di Impressions negli anni di Parigi, un volume con illustrazioni che accompagnano i componimenti di Apollinaire, Baudelaire, Garcia Lorca, Quasimodo e dell’amico Ungaretti, di cui in seguito ha illustrato Il dolore.

Tra le mostre personali di Ninì Santoro ricordiamo: la prima esposizione di pittura presso la Galleria Appia Antica a Roma, 1959;  l’esposizione di scultura alla Galleria Il Naviglio di Milano, presentata da N. Ponente, 1966; la mostra dedicata a Nello Ponente, a cura di M. Calvesi, Galleria Mèta Arte Contemporanea a Bolzano e IV Biennial of European Graphic Art, Baden-Baden, 1983; De Divina Proportione, a cura di O. Speciale, Galerie Adeas de L’École d’architecture di Strasburgo, 1987; A Sarah la principessa, Galleria il Sottoportego di Venezia, 2002; Cieli/Skies, a cura di A Tosi, Istituto Italiano di Cultura a San Francisco e Palazzo Lanfranchi a Pisa, 2008. Nel 2013 espone all’Istituto italiano di cultura di Budapest, presenta Sculture in movimento alla Galleria Arte e Pensieri di Roma e realizza la scultura Iustitia per il paese di Villapiana (Cosenza). In Calabria, a Vaccarizzo, realizza nel 2014 una stele in onore di Scanderbeg.

Santoro ha partecipato a numerose rassegne, tra cui ricordiamo: la Biennale di Venezia, 1962; International Biennial Exhibition of Prints in Tokyo, 1964; V Biennale di Parigi, 1967; Anni ‘60: al di là della pittura, a cura di M. Calvesi, presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma, 1990; Quadriennale Roma, 2005; Gli anni ‘60 e ‘70 alla Calcografia, presso l’Istituto nazionale per la grafica, 2007; ‘50 -‘60. La scultura in Italia, mostra a cura della Galleria nazionale d’arte moderna, presso Villa d’Este a Tivoli, nel 2007.

Nel 2011 è insignito del Premio Presidente della Repubblica conferitogli da Giorgio Napolitano e nel 2013 è nominato Accademico di San Luca.

Le opere di Santoro si trovano nelle collezioni di numerosi musei in Italia e all’estero, tra cui: la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Museum of Modern Art di New York, il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, l’ Art Museum di Tel Aviv, i Musei Vaticani.

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