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I Martedì Critici – Italo Tomassoni

ITALO TOMASSONI
9 maggio 2017, ore 19.30

Real Academia de España en Roma
Tempietto del Bramante
a cura di Alberto Dambruoso e Guglielmo Gigliotti

Martedì 9 maggio avrà luogo il terzo appuntamento della stagione primaverile dei «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti all’ottavo anno di attività.
La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno in diverse sedi, alternandosi tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – La Farnesina, il Tempietto del Bramante sul Gianicolo, sede dell’Accademia di Spagna, e l’Accademia di Belle Arti di Roma, oltre che all’Istituto Italiano di Cultura Il Cairo.

Ospite del terzo appuntamento stagionale de «I Martedì Critici», realizzato in collaborazione con l’Accademia di Spagna, sarà Italo Tomassoni (Ancona, 1938).

omassoni ha intrapreso, parallelamente a quella di avvocato, una brillante carriera di critico d’arte che in poco tempo lo ha portato a confrontarsi con numerosi artisti di spicco nel panorama italiano e internazionale, da Alberto Burri a Gino De Dominicis a Joseph Beuys, per citarne alcuni.
Nel 1963 pubblica il suo primo saggio di soggetto artistico, intitolato Per una ipotesi Barocca, incentrato sull’analisi del rapporto tra l’arte barocca e l’arte contemporanea. L’indagine sulla storia, sulla classicità nel contemporaneo, sarà ripresa anni dopo e sfocerà nella definizione di Ipermanierismo, termine da lui coniato nel 1983 e oggetto di un omonimo saggio pubblicato nel 1985. L’ipermanierismo indica la tendenza di ritorno alla pittura, a un’elegante figurazione che, negando le correnti dell’avanguardia degli anni Settanta, si rivolge alla storia dell’arte per “riproporsi come il luogo del valore”, trovando nel tardo-manierismo e tardo-barocco un modello di rarefazione intellettuale e di “inganno”, teso alla ricerca di una dimensione originaria, di una “rivelazione”. Arte come storia dell’arte è il titolo della sezione da lui curata alla XI Quadriennale d’Arte di Roma del 1986, dove sono stati presentati i lavori di Alberto Abate, Stefano Di Stasio e Paola Gandolfi.
Membro dell’AICA fin dal 1964, Tomassoni ha collaborato a diverse testate giornalistiche, tra cui “La Fiera Letteraria”, “Avanti!”, “Vogue”, “Momento Sera”, “Flash Art”, e “Segno”. Negli anni Settanta ha lavorato con Alberto Burri alla creazione della Fondazione Burri a Città di Castello, di cui dal 1992 è consigliere oltre che membro del Comitato scientifico. A Burri Tomassoni ha dedicato molti studi e ha presentato i suoi lavori in diverse occasioni, a partire dall’incontro-mostra con Joseph Beuys a Perugia nel 1980, per arrivare alla monografica presentata al Pecci di Prato nel 1996, fino alla più recente esposizione Burri. Gli artisti e la materia, curata insieme a Maurizio Calvesi presso le Scuderie del Quirinale a Roma nel 2005.

Nel 1999 Tomassoni è curatore dell’esposizione retrospettiva dedicata a Gino De Dominicis alla 48a Biennale di Venezia, insieme a Harald Szeemann, e nello stesso anno fonda l’Archivio Gino De Dominicis, di cui ha inoltre curato la presentazione dell’opera Calamita Cosmica in diverse sedi (Ancona, Mole Vanvitelliana, 2005; Milano, Palazzo Reale-Piazza del Duomo, 2007; Parigi, Château de Versailles, 2007, Bruxelles, MAC’s Grand Hornu, 2008 e Foligno, Chiesa della Santissima Trinità in Annunziata, 2011) e il catalogo ragionato (Skira, Milano, 2011).
Alla carriera di critico e avvocato, si aggiunge quella di accademico: nel 1966 Tomassoni ha fondato con Giulio Carlo Argan il “corso Superiore di Disegno Industriale”, dove ha insegnato fino al 1969. Ha inoltre insegnato Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Perugia (1999-2002), e “Il Diritto d’Autore nelle opere d’arte contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma (2002-2008). Tomassoni è inoltre fondatore, nel 2001 insieme a Marcello Fagiolo, del Centro Studi sul Barocco sotto il patrocinio dell’Accademia dei Lincei, del Museo “Beuys” a Palazzo della Penna a Perugia, nel 2002, e del CIAC – Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, di cui è direttore artistico dal 2009.

Tra le principali mostre ed eventi curati da Italo Tomassoni, ricordiamo: Beuys/Burri, Rocca Paolina, Perugia (1980); Anno Uno (con Michelangelo Pistoletto), Teatro Quirino, Roma (1980); Incontri Arte ’80 (con Lucio Amelio e Alberto Zanmatti), Spoleto (1980); Cy Twombly, elogio della mano sinistra, Festival dei Due Mondi, Spoleto (1980); Un anno da Strindberg (con Francesco Carlo Crispolti), Roma (1981); Il tempo dell’Immagine (con Maurizio Calvesi), Spello, Foligno (1983); Paradis e Ritorno (con Philippe Sollers), Teatro Sala Umberto, Roma (1983); Anacronismo, Ipermanierismo (con Maurizio Calvesi), Anagni (1984); Igor Mitoraj. Un Teatro Anatomico del classico, Macerata (1990); Alberto Burri, Museo Pecci, Prato (1996); Alberto Burri – Omaggio nell’ambito del premio Marche, Ancona (1996); La profondità dello sguardo, Flash Art Museum, Trevi (1996); Giuseppe Piermarini. I disegni di Foligno (con Paolo Portoghesi e altri), Palazzo Trinci, Foligno (1998); Burri. Gli artisti e la materia, Scuderie del Quirinale, Roma (2005); Burri. La sezione aurea dei Cellotex, Fondazione Matalon, Milano (2006); Chiara Dynys. In Alto (con Maurizio Calvesi), Museo Bilotti, Roma (2008); Ivan Theimer. Forme nella città, Macerata (2009); Anselm Kiefer, con Maurizio Calvesi e Bruno Corà, Ex Seccatoi Tabacco Collezione Burri, Città di Castello (2013). Tra le mostre presentate al CIAC – Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, di cui Tomassoni è direttore artistico dal 2009, ricordiamo: Spazio, Tempo, Immagine (2009); Calamitati da Gino, con Giacinto Di Pietrantonio (2012); Vincenzo Agnetti, con Bruno Corà, (2012); Julian Schnabel e Carlo Maria Mariani (2013).

Tra le principali pubblicazioni: Per una ipotesi Barocca (Ed. dell’Ateneo, Roma, 1963); Tàpies, con G.C. Argan, (Ed. Cappelli, Bologna, 1967); Pollock (Sansoni De Agostini, Firenze, 1968; Mondrian (Sadea Sansoni, Firenze, 1969; Arte in Italia dopo il 1945 (Cappelli, Bologna, 1970); Lo spontaneo e il programmato, con prefazione di G.C. Argan, (Laboratorio delle Arti, Milano, 1970); O Grande (Bulzoni Editore, Roma, 1977); Incontro con Beuys (Il Quadrante, Torino, 1984); Ipermanierismo, con prefazione di G.C. Argan, (Politi Editore, Milano, 1985); Difesa della Natura. Joseph Beuys (Charta, Milano, 1996); Beuys a Perugia (Silvana Ed. d’Arte, Milano, 2003); Burri: gli artisti e la materia, con Maurizio Calvesi, (Scuderie del Quirinale, Roma, 2005); Anni ’70. Arte Italiana tra cronaca e mito (Laterza, Bari, 2007); Lo Spazio dell’Immagine e il suo Tempo / Il Tempo dell’immagine e il nostro tempo (Skira, Milano, 2009); Chiara Dynys. Save me (Skira, Milano, 2010); Giuseppe Uncini: i primi e gli ultimi (Silvana ed. Cinisello Balsamo, 2011); Gino De Dominicis. Catalogo ragionato (Skira, Milano, 2011).

ORGANIZZAZIONE ASSOCIAZIONE CULTURALE I MARTEDI CRITICI
Tel. +39 339 7535051
info@imartedicritici.it
www.imartedicritici.com

Sponsor:
Spedart Srl

Media partners:
ARTRIBUNE
Hidalgo Associazione culturale
Marica Messa

Foto di Gianfranco Basso
Riprese video di #StudioRay

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I Martedì Critici – Giorgio Griffa

GIORGIO GRIFFA

26 aprile 2016, ore 18.00

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Piazzale della Farnesina, 1

a cura di Alberto Dambruoso e Helga Marsala

Martedì 26 aprile avrà luogo il quarto appuntamento della stagione primaverile de «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti al settimo anno di attività.

La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno a Roma, in diverse sedi, alternandosi tra il Museo MACRO di via Nizza, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – La Farnesina e il Tempietto del Bramante sul Gianicolo, sede dell’Accademia di Spagna.

Ad affiancare Alberto Dambruoso nella conduzione delle interviste, si avvicenderanno interlocutori di volta in volta diversi: Lorenzo Canova, Claudio Crescentini, Sara De Chiara, Marco Di Capua, Guglielmo Gigliotti, Helga Marsala.

Ospite del quarto appuntamento, martedì 26 aprile, sarà Giorgio Griffa (Torino, 1936). L’incontro è realizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

L’esordio nel mondo della pittura per Giorgio Griffa avviene prestissimo, quando, ancora bambino, viene iscritto dai genitori alla scuola di pittura. Le sue prime opere, a partire dalla prima cartolina copiata e dalle prime colline d’estate e d’inverno dipinte, si inseriscono nel filone della pittura figurativa, che l’artista seguirà per alcuni anni. È nell’età dell’adolescenza, guardando dal vero un quadro di Mondrian, che Griffa avverte per la prima volta la necessità di intraprendere una ricerca pittorica differente, ma bisognerà attendere molti anni prima che si manifesti concretamente la rottura provocata da quella vista e prima che si concretizzi l’origine di una nuova fase artistica e di un nuovo modus operandi.

È grazie a Filippo Scroppo, artista astratto che tiene un corso di pittura nel proprio atelier, che Griffa trova il mezzo per evolversi o, in un certo senso, per ricominciare da zero. Contribuisce alla sua nuova formazione l’incontro con Aldo Mondino che, nei primi anni ’60, gli fa conoscere alcuni dei più importanti artisti attivi in quegli anni a Torino, tra cui Giulio Paolini, all’epoca alle prese con i suoi primi lavori, già concentrato sull’esplorazione degli elementi costitutivi del quadro, sulla loro scissione, sullo spazio della rappresentazione e sul fenomeno della sua rivelazione.

Alla metà degli anni ‘60, il processo di semplificazione dell’opera, che caratterizzerà da allora i lavori dell’artista, è già avviato. La presenza figurativa, staccata dalla pittura ma sovrapposta ad essa, diventa una presenza ingombrante, le immagini si trasformano per Griffa in elementi di intralcio alla libera espressione dei segni, qualcosa di cui liberarsi. È in prossimità della sua prima esposizione che l’artista capisce che è la materia, intelligente e non bruta, a dover parlare, tramite la mano e il pensiero dell’artista, che passa dall’azione del dominare all’azione dell’ascoltare. Così, colori, macchie, scarabocchi, pennellate, impronte diventano il racconto della secolare memoria dell’umanità, segni che raccolgono un’identità precisa e stratificata, a cui Griffa dà ripetutamente voce, nel costante impegno di non prevaricazione. Nel 1968 si tiene la sua prima mostra personale, presso la Galleria Martano: è un momento decisivo, in cui contemporaneamente Giorgio Griffa nasce come pittore e porta a compimento una fase decisiva e fondante della sua ricerca artistica. Con la serie Segni Primari e con grandi tele, intitolate Quasi dipinto, l’artista inizia a esprimere il concetto del “non finito”, di un tempo sospeso, di un processo vicino al completamento ma mai concluso, strumento attraverso cui consentire all’opera di continuare a vivere e a variare. L’artista lavora con tele grezze, fatte di juta, canapa, cotone, lino, lisce e che lascino passare il colore. Principalmente senza telaio e cornice, l’opera viene lavorata sul pavimento, per consentirle di assorbire il colore molto liquido. Griffa si muove tra le tele, lavora a terra, cammina sui tessuti, asseconda la personalità dell’opera in ogni sua piega.

Il successivo approdo alla Galleria Sperone, alla fine degli anni ’60, ha ulteriormente contribuito ad arricchire la sua formazione, grazie al contatto con artisti e opere dell’Arte Povera, fortemente dediti alla ricerca e all’espressione della materia intelligente, dal primo contatto con i lavori di Robert Ryman, alla sintonia con le creazioni di Penone, Zorio, Anselmo, Calzolari, incontri che hanno lasciato tracce evidenti nella ricerca artistica di Giorgio Griffa.

Dopo la metà degli anni ’70, Griffa si apre a nuove suggestioni, con il ciclo Connessioni Contaminazioni rafforza e intensifica il suo legame con la memoria del passato, espressione di società e tradizioni differenti. Nel tentativo di evasione da un atteggiamento analitico e di immersione in una azione di ripensamento più vasta, le opere di questa fase non sono più caratterizzate, come le precedenti, dalla ripetizione dei medesimi segni, sempre uguali seppur diversi perché tracciati dalla mano dell’artista, ma dalla presenza di composizioni ritmiche, composte di linee orizzontali, verticali, sottili o spesse. La serie Frammenti, avviata alla fine degli anni ’70, raccoglie opere in cui sezioni di tele sono tagliate in piccoli frammenti irregolari, sui quali viene posata la pittura. Attraverso trasparenze e sovrapposizioni, sono proprio i frammenti a creare immagini e figure, in collaborazione con la pittura che contengono. Questa pluralità di segni, insieme alla riappropriazione della tradizione storica e pittorica, ha fatto nascere anche la serie Alter Ego (denominazione risalente al 2000), che contiene lavori realizzati pensando ad altri artisti e ad altre epoche, come Matisse, Anselmo, Tintoretto, Merz, Uccello, Klee, Klein.

Tra gli anni ’80 e ’90 Griffa si muove con un tratto più decorativo e libero, avendo ormai consolidato, in anni di lavoro e ricerca, le fondamenta della sua poetica. Introduce, da un lato, un nuovo rapporto tra segno e colore, con la serie Segno e Campo, dove uno o più tratti, segni cromatici, vengono immersi in uno sfondo senza confini e felicemente si sovrappongono ad esso, e, dall’altro, linee ondulate, arabeschi, semicerchi, fregi, in tinte molto delicate e raffinate. Con Tre Linee con Arabesco, ciclo in cui le opere presentano la ripetizione di questi semplici elementi, alla nuova gamma di forme espressive si aggiunge l’introduzione delle numerazioni, anticipatrici dell’omonima serie. Inizialmente inserite per indicare il progredire delle tele all’interno del ciclo pittorico, i numeri si trasformano ben presto nello strumento utile a segnalare la sequenza interna dei segni e dei colori in una singola tela, e a tracciare, quindi, il percorso attraverso cui si è realizzata l’opera (Numerazioni). A partire dalla ricerca di Mario Merz, che con la serie di Fibonacci ha intrecciato un nuovo rapporto tra arte e scienza, Giorgio Griffa scopre il modo di riallacciarsi a Euclide, legando le sue opere al numero e al rapporto aureo. Nella serie Sezione Aurea, avviata nel 2000, l’artista sceglie di esprimersi attraverso l’uso del numero irrazionale, infinito per sua natura, in quanto decimale, indica spazi infiniti e tempi sospesi, superamento della ragione e immersione nell’ignoto.

A partire dalla fine degli anni ‘60, pur non essendo inquadrabile in un determinato movimento e pur avendo spesso rifiutato etichettature, Giorgio Griffa è stato accostato al Minimalismo, all’Arte Povera e alla Pittura Analitica.

Tra le più recenti esposizioni personali ricordiamo: MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma (2011); Mies van der Rohe Haus, Berlin (2012); Fragments 1968 – 2012, Casey Kaplan Gallery, New York (2012-2013); Douglas Hyde Gallery, Dublin (2014); Galleria Lorcan O’Neill, Roma (2014); A Retrospective 1968 – 2014, Centre d’Art Contemporain Genève, Genève (2015); Painting in the Fold, Bergen Kunsthall, Bergen, Norway (2015); Giorgio Griffa: The 1970s, Casey Kaplan Gallery, New York (2016); Works on Paper, Fondazione Giuliani (2016); Fondation Vincent Van Gogh Arles, Arles, France (2016); Quasi Tutto, Serralves Museum, Porto, Portugal (2016).

Giorgio Griffa partecipa inoltre a numerose mostre di rilievo internazionale, come Processi di pensiero visualizzati al Kunstmuseum di Lucerna (1970), Contemporanea nel Parcheggio di Villa Borghese di Roma (1973), la Biennale di San Paolo (1977), Arte in Italia 1960/77 alla G.A.M. di Torino (1977), XXXVIII Biennale di Venezia (1978), XXXIX Biennale di Venezia (1980), Pittura italiana da collezioni italiane al Castello di Rivoli (1997), Arte Italiana, Ultimi quarant’annialla GAM Galleria d’Arte Modema di Bologna (1998), Pittura analitica al Museo della Permanente di Milano (2007), Temi & Variazioni – Dalla grafia all’azzeramento, Peggy Guggenheim Collection di Venezia (2009), Collezione del contemporaneo, Accademia San Luca di Roma (2010), Artists and Poets, curated by Ugo Rondione, Secession, Vienna (2013).

 

Info Pubblico:
Ingresso solo su prenotazione fino a esaurimento posti.
È possibile prenotarsi a partire dal 20 aprile sul sito web della Farnesina: www.esteri.it
Al termine dell’incontro, seguirà un vin d’honneur e una visita della Collezione di arte contemporanea alla Farnesina.
Per maggiori informazioni:
+39 06 36914145
dgsp8@esteri.it
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Piazzale della Farnesina, 1
ORGANIZZAZIONE
ASSOCIAZIONE CULTURALE I MARTEDÌ CRITICI
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info@imartedicritici.it
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Gianfranco Basso
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